Provvedimenti contraddittori per ridurre la bolletta

Provvedimenti contraddittori per ridurre la bolletta

La misura per spalmare nel tempo il prelievo per l’A3 in arrivo con il decreto Fare-bis, almeno nel’immediato, ridurrà la bolletta; ma finora le mosse per ridurre il caro energia – tra prelievi per coprire la cancellazione dell’Imu, sconti agli energivori e occasioni di risparmio non colte – non hanno portato a grandi risultati, soprattutto per famiglie e PMI.
Giulio Meneghello
11 settembre 2013

Sul fronte della lotta al caro-energia, la grande attesa è per il provvedimento annunciato dal ministro per lo Sviluppo economico Flavio Zanonato, che sarà contenuto nel decreto Fare-bis. Come sappiamo dalle bozze circolate finora, il cosiddetto “taglia-bollette” dovrebbe ridurre il peso della A3 del 15-20%, spalmando tramite un meccanismo di obbligazioni il prelievo in bolletta per la componente A3 e concedendo ad alcune categorie di impianti a rinnovabili di ricevere gli incentivi in misura ridotta ma per un numero maggiore di anni.

Questa nuova misura – che peraltro alcuni dubbi li solleva – almeno nell’immediato alleggerirà le fatture degli italiani: visto che l’A3 pesa per circa il 19% del totale, dovrebbe dunque ridurre la bolletta di circa il 3-4%. Meno male, visto che gli interventi in questo senso presi negli ultimi mesi sono stati non particolarmente efficaci, quando non controproducenti.

È il caso del prelievo da 300 milioni di euro dalla Cassa Conguaglio Settore Elettrico deciso per coprire i costi del taglio dell’Imu. I 40 conti della Cassa dai quali verranno drenati i soldi servono per finanziare l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili. Dato che gli incentivi alle energie pulite, attinti dalla bolletta, sono garantiti e non si possono toccare, il gruzzolo prelevato per coprire le mancate entrate Imu dovrà con ogni probabilità essere recuperato dalle fatture elettriche degli italiani. Ma secondo alcuni esperti sentiti da Qualenergia.it porterà a un aumento della bolletta di circa l’1%.

Secondo uno studio Federconsumatori, anche senza questo probabile rincaro, la bolletta di una famiglia che consumi 2.700 kWh l’anno nel 2013 crescerà fino a 526 euro all’anno a fronte dei 504 del 2012. Se l’effetto del calo del prezzo del gas a gennaio ha portato ad una diminuzione del 2,4%, infatti, a giugno la bolletta è tornata acrescere dell’1,4% soprattutto a causa dell’aumento dei costi di dispacciamento, cioè quelli sostenuti per coordinare domanda e offerta.

Come abbiamo scritto su QualEnergia.it, l’aumento solo in minima parte è dovuto all’intermittenza di sole e vento: il grosso è dipeso da comportamenti speculativi di intermediari e produttori, che hanno lucrato nei mesi scorsi su problemi tecnici e normativi – circa 100 milioni di euro persi nel solo mese di giugno per la speculazione – e da voci improprie che pesano sul conto, come regali e prestiti camuffati ai grandi consumatori. E caso degli interconnector, grandi consumatori di elettricità che hanno deciso di finanziare la costruzione di nuove linee con l’estero per importare energia a basso costo e che, già da ora, vengono rimborsati della differenza di prezzo medio fra l’Italia e la nazione da cui importeranno. Le linee le stiamo ancora costruendo, ma intanto gli anticipiamo il risparmio. Si tratta in sostanza di un prestito, ma non pesa poco: 494 milioni di € nel 2012.

E le riduzioni arrivate con il primo decreto Fare del governo Letta? Ci sono state, ma sono state vanificate da altri aumenti decisi in precendenza. Il decreto in questione infatti alleggerisce di 600 milioni la bolletta degli italiani, circa dell’1,5-2%; peccato che un decreto precedente, il cosiddetto Pro-energivori il cui regolamento attuativo è stato approvato da Passera appena prima di lasciare il ministero, appesantisca la bolletta dello stesso importo, sempre 600 milioni che sarebbero stati circa 800 senza l’intervento dell’Autorità che ha reso più selettivi gli sconti alle aziende che consumano maggiormente.

Infine c’è il capitolo del risparmio che ci si è fatti sfuggire: circa 800 milioni di €. Come sappiamo il ‘decreto Fare’ taglia le bollette – oltre che annullando l’aumento degli incentivi sulla produzione elettrica da biocombustibili e limando leggermente i soldi che ancora paghiamo per le centrali nucleari dismesse – riducendo la spesa per gli incentivi agli impianti che godono del Cip6, l’incentivo che assieme agli impianti a rinnovabili più vecchi premia fonti controverse come gli inceneritori e la combustione degli scarti da raffinerie. Con quel decreto si è cioè finalmente adeguato il metodo di calcolo del costo del combustibile evitato, detto Cec, che determina l’ammontare dell’incentivo, basandolo sul costo del petrolio e non più sui costosi contratti take-or-pay. Risultato? Con il nuovo metodo di calcolo l’incentivo è meno generoso e lo sarà ancora meno da gennaio, quando il Cec si calcolerà sul mercato spot del gas.

Proprio su questo fronte si sarebbe però potuto fare molto di più. Se l’ex ministro Corrado Passera avesse adeguato il metodo di calcolo già sugli incentivi 2012, avremmo speso 500 milioni in meno. Anche il Governo Letta, scegliendo di applicare un metodo transitorio e rimandando al 2014 il momento in cui l’incentivo verrà calcolato, usando come riferimento il mercato spot del gas, si perde un risparmio di circa 300 milioni. In totale fanno appunto 800 milioni, circa 10 euro su base annua che avrebbero potuto essere tolti dalle bollette. A chi andranno questi soldi? La classifica dei maggiori beneficiati dal Cip6 per le assimilate (dati 2011) vede in testa Edison, Saras, Erg, Gdf Suez e BP.

Se questo non bastasse, agli 800 milioni si aggiunga un altro mancato risparmio, che non abbiamo quantificato: un regalo agli inceneritori inserito nel decreto Fare; quelli delle aree dell’emergenza rifiuti continueranno a godere dell’incentivo Cip6 più generoso, quello calcolato col vecchio metodo, fino all’ottavo anno dall’entrata in esercizio, gli altri fino al quarto anno.

E ora è in arrivo anche il capacity payment per le centrali termoelettriche appena approvato dall’Autority, per coprire i costi degli impianti che non riescono a produrre perché fuori mercato.