Sarà sempre il silicio cristallino a dominare il mercato nel 2012, anche grazie ai prezzi stracciati, che metteranno in difficoltà i produttori. Ma si continuerà a puntare anche sul film sottile, specie CIGS/CIS, che, pure se messo in difficoltà dalla competizione con i moduli in silicio cristallino, potrà dare soddisfazioni. Intanto, innovazioni tecnologiche potrebbero essere dispiegate su larga scala tagliando i costi di produzione, anche se per farlo sono necessari investimenti difficili in questo periodo. Sono queste, in sintesi estrema,le previsioni riguardanti le tecnologie del fotovoltaico 2012 così come emergono dagli esperti. Come detto, si prevede che il silicio cristallino (c-Si) mantenga inalterata la sua supremazia sul mercato. Anche nel 2012, spiega Paula Mints, direttrice di Navigant, intervistata da Renewable Energy World, il silicio cristallino continuerà a pesare per circa l’86% delle installazioni. Motivo principale del dominio sulle altre tecnologie, oltre alla maggiore efficienza, il prezzo “artificialmente basso”. Nell’ultimo trimestre 2011 è arrivato a meno di 0,90 $/Wp: una riduzione che non riflette i costi di produzione.
I produttori di tecnologia cristallina, compresi quelli in Cina, ai prezzi correnti non sono cioè competitivi. Ciò significa –spiega la Mints – che stanno perdendo soldi. E i prezzi sottocosto dei moduli in c-Si, oltre agli stessi produttori mettono ovviamente in difficoltà anche le tecnologie concorrenti, come il film sottile, il fotovoltaico a concentrazione (CPV) e il solare termodinamico a concentrazione (CSP).
Il quadro dipinto dall’analista di Navigant è poco roseo per l’industria del fotovoltaico. Lita Shon-Roy di Techcet Group, sempre intervistata da REW, dà uno sguardo più approfondito sulla filiera. A partire dal fenomeno Cina: circa l’80% della domanda di celle, sottolinea, viene dall’Europa e circa il 55% della produzione viene fatta in Cina. L’analista ricorda i motivi per cui è particolarmente difficile competere con i cinesi: quella delle aziende cinesi è una filiera molto integrata verticalmente e con un grosso sostegno economico governativo. Ad esempio nel campo del polysilicon molti produttori sono legati finanziariamente a industrie che fanno celle e c’è forte competizione sul prezzo, legata al calo della domanda: nel corso del 2011 è sceso del 30% circa, attestandosi al momento a circa 50 $/kg e la previsione è che continui a scendere. A inizio 2011 si pensava che il fatturato dei produttori di silicio sarebbe cresciuto di circa il 25%, invece non è andato oltre il 20 % e per il 2012 ci si attende che non cresca più del 13-15%. Delusione delle aspettative, fa notare la Shon-Roy, sono venute anche per la produzione dei gas legati alla tecnologia del silicio amorfo (a-Si) a film sottile: ad esempio per il silano; si pensava che per il FV si sarebbero prodotte 500 milioni di tonnellate, ma, a causa del calo della produzione di celle a-Si, non si è arrivati a 200 milioni di tonnellate. Dove invece ci potrebbero essere nuove opportunità, prevede l’analista, è nei nuovi materiali per la produzione di celle tipo CIGS/CIS e CdTe. Interessante infine l’elenco –fatto da Mark Thirsk,di Linx Consulting, delle innovazioniche vedranno una implementazione su larga scala nel corso del 2012. Ad esempio c’è la coltivazione di lingotti di silicio “pseudo-mono”, che dovrebbe in sostanza permettere wafer in monocristallino al la re prezzo ridotto dei wafer in policristallino. Oppure la tecnologia degli emettitori selettivi, che dovrebbe aumentare l’efficienza delle celle. Assieme a metodi per ridurre l’uso di materiali costosi, queste innovazioni (oltre a diverse altre che non potranno essere introdotte prima di 2-3 anni) contribuiranno a ridurre il costo di produzione per watt. Il problema è che ovviamente necessitano investimenti e dunque potrebbero essere frenate dalle infelici circostanze economiche attuali.
Interessante infine l’ipotesi che Thirsk fa sull’industria cinese e la produzione low-cost: la crisi economica globale potrebbe spingere Pechino a stimolare ulteriormente il mercato interno del FV. Questo potrebbe essere abbinato, sul versante della produzione, all’uso di materiali più economici che non soddiferebbero gli standard di certificazione europei o americani. Sul lungo periodo i produttori che sceglieranno questa strada potrebbero guadagnare esperienza e migliorare la qualità a basso costo, diventando molto competitivi a livello mondiale.
Articolo di Giulio Meneghello